Carla Malinverni Coach

Tranquillo: non sarai mai l’AVATAR del mio cliente!

‘Che cosa fai esattamente?’ Se non lo sai spiegare chiaramente ad uno sconosciuto in 4 minuti, vuol dire che non lo sai nemmeno tu.’

‘Che cosa ti distingue dai tuoi colleghi? Se non lo sai, perché dovrebbero scegliere proprio il tuo servizio, tra mille?’

E poi le più urticanti per me:

‘Qual è la tua nicchia di mercato, il tuo target di clienti, qual è l’AVATAR del tuo cliente?’

Per molti anni, queste domande base di marketing a me hanno generato difficoltà, dubbi e più che altro rifiuto, orticaria, rabbia e avversione.

Ora, dopo ‘solo’ 8 anni di libera professione – e 3 precedenti anni di progettazione e pratica – come Coach Professionista e soprattutto come Formatore per nuovi Coach, ho qualche bozza di risposta. E non so se serva o meno a farmi scegliere da un ipotetico cliente. L’attività è andata avanti 8 anni anche senza, magari con meno guadagno, non lo so.

L’AVATAR del cliente NO, nunca, jamais! Tenetevelo voi! Non fa per me decidere se il cliente a cui mi rivolgo è maschio, femmina, giovane, coetaneo, anziano, se è onnivoro, vegano, fruttariano, se corre la maratona di NY oppure preferisce le maratone di film o le maratone di sushi e, soprattutto, io non VOGLIO dargli un nome, un viso, una casa: voglio stupirmi ogni volta che arriva un nuovo cliente!

Questo MAI! Il dio del marketing mi perdoni…anzi, anche no, non mi importa.

Che cosa mi distingue dai miei colleghi che insegnano coaching ai nuovi coach?

Prima di tutto, che sono io, anche durante le lezioni.

Mi piace ridere, sorridere, prendere anche un po’ in giro gli allievi, in modo ironico, con l’intenzione che sia generativo: negli anni ne ho presi in giro tantissimi che dichiaravano ‘non riuscirò mai a ricordarmi e fare tutte queste cose in una sessione di coaching’ e che ora sono bravissimi coach o utilizzano il coaching nella loro professione in modo proficuo! Questo approccio mi ha anche permesso di tenere corsi annuali in presenza di domenica di 8h più 1h di pranzo insieme. Credo che, senza un po’ di ‘gioco’ sarei morta di noia io e gli allievi di conseguenza. Certo ho avuto anche allievi che non hanno gradito, perché pensano che le competenze e l’ironia si escludano a vicenda: se ridi, non puoi essere competente. Mi è spiaciuto e pazienza: alcuni hanno poi capito il mio approccio, altri l’hanno dovuto un po’ trangugiare. Sono anche logorroica e a lezione interrompo spesso e volentieri, per entusiasmo nel partecipare e anche per tenere saldi gli argomenti senza che si sconfini altrove. Con il rispetto dei tempi invece ho ancora molto da imparare: ci sto lavorando.

Poi, c’è una mia convinzione, che avevo già prima, e che, dopo il periodo di Covid, ho rafforzato. Credo che chi si iscriva ad un corso per diventare Coach (e anche in generale chi voglia frequentare un corso per scoprire nuove cose) sia già ben capace di leggere testi e analizzarli, farli propri, farsi nascere domande e sia capace anche a selezionare il materiale che meglio si addica al proprio approccio e alle proprie finalità. E aggiungiamoci i video, le dirette online, le tesi condivise gratuitamente, i webinar…ormai il web ci fornisce tutta la teoria e anche più! Io stessa ne beneficio e quasi gratuitamente.

Di conseguenza, credo che pagare qualcuno perché ti spieghi approfonditamente la teoria di Coaching, non sia un buon investimento, né di soldi, né di tempo. Tra l’altro, i libri, i video…te li scegli e ne fruisci nel momento in cui vuoi e puoi, non necessariamente la domenica mattina alle 9:30. Nell’era dell’AI, credo che l’approccio all’apprendimento, secondo me stantìo da decenni, finalmente possa evolvere!

Credo fortemente sia meglio investire tempo e denaro perché qualcuno ti supporti in ciò che in autonomia non puoi ottenere: saper praticare!

 Non credo si riesca a leggere in 4 minuti: in fin dei conti non siamo sull’ascensore!